L'Europa riconosce il "diritto a essere dimenticati": se i dati personali sono datati e troppo privati, l'utente può chiedere ai motori di ricerca di toglierli dai risultati. E' polemica

Capita, cercando il proprio nome su Google, di essere associati ai siti più impensabili. Il motore di ricerca, a differenza di noi, ricorda ancora che nei primi anni Duemila eravamo iscritti a un forum di cartoni animati, a un gioco di ruolo medievale e che a sedici anni avevamo vinto la staffetta della parrocchia. Tutte cose a cui, per un motivo o per l’altro, non vorremmo più essere associati. Il merito (e il demerito) di Google è proprio questo: conservare gelosamente tutto ciò che finisce online e farlo ricomparire nei risultati di ricerca anche a distanza di dieci anni. Ma se la notizia della staffetta in braghette corte non è motivo di orgoglio, immaginatevi se la notizia di cui siete protagonisti fosse di cronaca nera o uno scandalo.
C’è un avvocato spagnolo, Mario Costeja, che sa bene come ci si sente. Qualche mese fa, ha trovato il suo nome nei risultati di ricerca di Google. Compariva in un vecchio articolo di un giornale catalano: era citato per debiti. Quei debiti, però, erano stati saldati. Perché, quindi, continuare a tirar fuori la vicenda imbarazzante, che poteva rischiare di fargli perdere credibilità come professionista? Quando il signor Costeja ha chiesto all’azienda di Mountain View di eliminare la voce, ne è nata una questione.
Credits: Foto di @Simon | Pixabay
Privacy contro motori di ricerca, diritto all’oblio contro diritto di libertà di stampa. Sul caso è intervenuta la Corte di giustizia europea. Pur riconoscendo le ripercussioni che potrebbe avere la cancellazione di alcune voci dai motori di ricerca, «nel caso in cui, in seguito a una ricerca effettuata partendo dal nome di una persona, l’elenco di risultati mostri un link verso la pagina Web che contiene informazioni sulla detta persona, questa può rivolgersi direttamente al gestore perché sopprima il collegamento».
Per i fautori della privacy degli internauti, la sentenza della Corte è una conquista. Ma le questioni irrisolte sono molte: gli utenti che navigano in Europa sono 500 milioni, se anche solo la metà di loro mandasse un avviso a Google, questo come farebbe a gestire la valanga di richieste? E ancora: se le richieste comportassero la cancellazione dai motori di link collegati ad articoli di cronaca e scandali, quali sarebbero le ripercussioni sulle visite totali delle testate online? Ora che la sentenza è stata pronunciata, si attendono sviluppi.