Paolo Sorrentino è riuscito a riportare in Italia la statuetta dell'Oscar. Ripercorriamo insieme le tappe che hanno portato a questo successo

È italiano l’Oscar come miglior film straniero. A 15 anni dal trionfo di Roberto Benigni con “La vita è bella”, il regista partenopeo Paolo Sorrentino riporta in Italia, stretta tra le mani, l’agognata statuetta per “La grande bellezza”.
Gli esordi
Studente alla facoltà di Economia e commercio di Napoli, a 25 anni decide di lavorare nel mondo del cinema dietro ad una macchina da presa. Esordisce con il primo di una serie di cortometraggi, “Un paradiso”, co-diretto con Stefano Russo, in concorso al Palermo Film Festival nel 1995. Nel 1997 con “Dragoncelli di fuoco” vince il premio Solinas ma, purtroppo, non troverà sbocco realizzativo.
Collaboratore del regista Antonio Capuano per la scrittura di “Polvere di Napoli” (1998), nel medesimo anno firma un altro cortometraggio, “L’amore non ha confini”, iniziando così una fertile collaborazione con quella “Indigo Film” che produrrà tutte le sue future pellicole.
Contemporaneamente comincia a lavorare anche per la televisione, scrivendo alcuni episodi della serie “La squadra”, documentando con un videoreportage il terremoto a L’Aquila del 2009 e producendo spot televisivi per la Fiat Croma e per Yamamay. Sorrentino si fa riconoscere anche come scrittore: nel 2010 con “Hanno tutti ragione” ottiene una candidatura al premio Strega e all’Alabarda d’Oro.
Filmografia
Il debutto nei lungometraggi avviene nel 2001 con “L'uomo in più”, ritratto di una Napoli diversa, spietata e cinica ma mai folkloristica; con questo film arrivano i primi riconoscimenti quali il Nastro d’Argento come miglior regista esordiente e la Grolla D’Oro al protagonista Toni Servillo.
Il sodalizio tra regista e attore prosegue con “ Le conseguenze dell'amore” del 2004, film vincente grazie ad una descrizione stereotipata dei mafiosi, che ottiene un successo critico maggiore del precedente e vince nel 2005 ben 5 David di Donatello e 3 Nastri d’Argento.
Con “ L'amico di famiglia”, nel 2006, Sorrentino porta alla luce una società corrotta riscuotendo minor successo ma nel 2008 partecipa al Festival di Cannes con “Il Divo”: il regista legge una grottesca figura di Andreotti, finendo per far coincidere reale e surreale e le recensioni positive lo portano ad aggiudicarsi il Premio della giuria.
Nel 2011, con il suo primo film in lingua inglese “This Must Be the Place”, nel quale viene abilmente descritto il percorso di vita di un personaggio indimenticabile, la rockstar del passato Cheyenne, si aggiudica il David di Donatello per la miglior sceneggiatura.
Napoletano purosangue, Paolo Sorrentino è regista e sceneggiatore di tutti i suoi film, si distingue dai colleghi italiani grazie a uno stile personale e contemporaneamente internazionale: rigoroso, innovativo ed eccentrico. Fabbrica di storie e personaggi forti e originali, spirito creativo, sofisticato anche sul piano visivo e musicale (passa in modo disinvolto da Ornella Vanoni all'elettronica dei Lali Puna), è collocato oggi a pieno diritto nella schiera dei giovani "autori" europei.