Sempre più giovani sono affascinati dalla terra e dai lavori ad essa legati, come agricoltura e allevamento, una nuova Generazione T.

La terra è uno degli elementi naturali che ha da sempre un fortissimo legame con noi uomini, da da sempre abbiamo cercato di utilizzarla a nostro favore per coltivare cereali, frutta, ortaggi, recintarla e sviluppare diverse forme di allevamento. Con l’arrivo delle industrie e della rivoluzione industriale tutto è poi mutato, poiché l’esistenza di molti nuclei familiari si è spostata dalle campagne verso le grandi città sviluppate, per trovare una vita migliore, forse meno faticosa e con una forma di guadagno più sicura. Lavorare la terra non rappresenta certezze, non vi è alla fine del mese la busta paga, ci si sveglia al mattino presto e fino a quando c’è luce si lavora, in realtà oggi si lavora anche di notte, poiché i nuovi macchinari, come ad esempio le mietitrebbia, sono provvisti di luci che illuminano le notti d’estate e senza sosta, e addirittura possono essere comandate da un computer per lavorare incessantemente.
Molti giovani, che fino a un pochino di anni fa disdegnavano sporcarsi le mani sul balcone di casa per piantare due bulbi, stanno riconsiderando l’importanza della terra e stanno formando la cosiddetta Generazione T, cioè questa nuova generazione legata moltissimo alla terra, che torna alle origini, coltiva ciò che un tempo era dei nonni o dei bisnonni, alleva animali in alta montagna e si riavvicina a Madre Natura allontanandosi dalle megacittà rumorose e inquinate. “T” sta per terra; marrone, profumata, ricca di elementi essenziali per la crescita di ciò che ci necessita, dura da lavorare, bassa.
Sono molte le esperienze di ragazzi che dopo la scuola decidono di scegliere una vita fatta di sacrifici, ad esempio andare a vivere in alta montagna per allevare caprette e stare lontani dalla “pazza folla”. C’è ad esempio Mauro Olivero, di Genola, che diventa un giovanissimo allevatore dopo il suo “primo amore” per la lavorazione del legno ed ora è il responsabile del Presidio della Razza Bovina Piemontese, Slow Food. E proprio Slow Food ha inventato questa definizione Generazione T.
Una generazione che fa ben sperare, sulla quale è bene investire non solo la propria attenzione, ma anche le energie economiche per supportare scelte che aiutano l’ambiente, oltre che l’economia locale.
Pensate che, in ambito agricolo, l’Italia è un paese vecchio, infatti vi è un solo contadino sotto i 35 anni in rapporto a 12 agricoltori di età superiore ai 65 anni. Ecco perché è importante cogliere questi segnali positivi di interesse e di impegno di giovani verso la terra e l’agricoltura.
Molti ragazzi della Generazione T si appassionano al vino, alla cura di piccoli e medi appezzamenti atti alla viticoltura; altri diventano apicoltori e dedicano tutta la loro giornata alla cura e alla protezione di insetti speciali, le api, e alla produzione di miele, pappa reale, propoli e quant'altro; altri ancora decidono di allevare simpatiche e buffe caprette, o di coltivare cavoli o carote.
La scelta di agricoltura ricade su metodi naturali e tradizionali come la biodinamica o la consociazione, scelte consapevoli e rispettose dell’ambiente, inoltre a questo si associa ad esempio l’idea ottima di aprire un bed&breakfast, per cui un vecchio casolare rimesso a nuovo con buona volontà può ospitare gente che ama stare nel verde e apprezzarne tutta la bellezza.
La generazione T sta attivando una nuova forma di new economy, dalla quale prendere spunto per trovare un’occupazione per esempio per chi cerca lavoro e non lo trova in città o per chi ama la natura e le antiche tradizioni e valori di un tempo non troppo lontano e vuole contribuire a mantenerli vivi e conservarli ancora a lungo.