Nuove proposte di legge sui giorni di congedo dal lavoro per i neopapà.

Nei giorni scorsi sono stati presentati alla Camera due disegni di legge sul congedo di paternità obbligatorio, che concede agli uomini 4 giorni per godersi il bebè. Per ora si tratta solo di proposte, ma si spera che in futuro diventi una legge concreta. Attualmente quali diritti hanno i neo papà?
La situazione attuale
Fino ad oggi la legge sul congedo parentale concede ai padri solo il diritto di astensione facoltativa, che non viene quasi mai esercitato per vari motivi. Per prima cosa, durante il congedo il papà percepisce solo il 30% del suo stipendio, cosa che può incidere negativamente sul bilancio economico famigliare. Spesso poi, i datori di lavoro oppongono resistenza e non vedono di buon occhio chi utilizza questo permesso. Infine, culturalmente, è la madre che si occupa dei figli e solo da poco tempo i papà sono coinvolti in tutto e per tutto nella cura del nascituro.
La proposta di legge
Sono state presentate due proposte di legge, una da parte di una deputata del Pd e l’altra del Pdl, entrambe con due obiettivi:
Adeguare la legislazione italiana a quella europea, poiché nella maggior parte dei Paesi europei gli uomini hanno diritto al congedo obbligatorio alla nascita dei loro figli.
- Passare dalle pari opportunità alle pari responsabilità, non obbligando le donne alla cura esclusiva dei figli; in questo modo tutta la famiglia avrebbe modo di riorganizzarsi e anche il papà si occuperebbe del nascituro. Questo obbligo non inciderebbe sullo stipendio, perché i 4 giorni verrebbero retribuiti al 100%.
È diverso da quello facoltativo
La legge 53 del 2000 chiamata “congedo parentale”, consente a uno dei due genitori di richiedere un periodo di astensione facoltativa dal lavoro di durata massima di 6 mesi, da usare entro i primi 8 anni di vita del bambino. Il congedo può essere preso tutto insieme o frazionato e lo stipendio percepito è del 30% della retribuzione mensile.
Il padre, poi, può godere dei diritti di riposo durante il primo anno del bambino, solo se i figli sono esclusivamente affidati a lui, oppure se la madre è una lavoratrice non dipendente o in caso di infermità o morte della madre.
Una buona proposta
Questa proposta di legge vuole in un certo senso “obbligare” a stare con i figli, per imparare a voler stare con loro. Alcune aziende italiane già lo fanno per scelta, come Intesa San Paolo e Nestlé, e sarebbe una cosa utile se lo facessero tutte. I costi? In fondo quattro giorni per lavoratore con un tasso di natalità dell’1,24% sono davvero pochi, soprattutto se si vogliono aiutare le famiglie a fare figli e le donne a rimanere nel mondo del lavoro.