Il legittimo impedimento è una delle riforme dibattute dall'attuale governo per migliorare il funzionamento dello stato. Ma è veramente così?
Premessa
Lodo Alfano, processo breve, legittimo impedimento sono leggi dibattute dal parlamento italiano e che dovrebbero far parte di quella “riforma della costituzione” (che comprende anche il presidenzialismo, o semipresidenzialismo o premiarato, il federalismo) di cui il centro destra si sta battendo perché ritiene necessaria per un miglior funzionamento dello stato, il che è vero, sempre che le riforme non vadano a modificare i principi base della stessa. E il problema è proprio questo. La riforma della giustizia, cosi come è intesa dal centro destra, andrebbe proprio in questo senso perché modificherebbe uno dei principi basilari della stessa costituzione, ovvero: la legge è uguale per tutti.
Questo principio, fondamentale in ogni democrazia, se annullato (e qui bisogna dire che non c'è affatto bisogno di annullare “fisicamente” il principio, basta snaturarlo del suo significato) andrebbe a sconvolgere altre parti della costituzione; se la giustizia non è uguale per tutti, nessuno può impedire il verificarsi di situazioni, coperte dalla legge, dove il più forte prevarichi sul debole (per debole non intendo il barbone o altre figure emarginate, ma anche cittadini normali), dove il debole pagherà per ogni minimo reato e il più forte neanche per reati gravi perché, di fatto, le leggi gli servirà per poter agire senza problemi.
Il legittimo impedimento rientra, anche se parzialmente (finché non sarà approvato il lodo Alfano modificato in termini costituzionali), in questa politica di riforme.
In sé, la legge non presenta grosse novità rispetto al lodo, vediamo.
Il “legittimo impedimento”
Dopo la firma del presidente della repubblica, la legge “Disposizioni su impedimento a comparire in udienza” (legittimo impedimento) entrerà in vigore il giorno dopo la sua pubblicazione sulla gazzetta ufficiale.
La legge, voluta dalla lega e dal Pdl, mette al riparo il premier e i ministri da procedimenti giudiziari durante il loro mandato. Una legge nata dopo la bocciatura da parte della consulta del lodo Alfano che prevedeva la sospensione, per tutta la durata della carica, dei processi penali nei confronti di quattro alte cariche dello Stato: il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio dei ministri, i presidenti di Camera e Senato.
I procedimenti giudiziari che restavano sospesi in forza del Lodo Alfano potevano riferirsi anche a fatti commessi prima della assunzione dell’Alta carica e potevano essere già in corso al momento in cui la legge è stata promulgata. Di fatto, questa legge segnava la fine dei processi nei confronti di Silvio Berlusconi, al riparo da impegni giudiziari fino al 2013.
La legge sul legittimo impedimento, di fatto non esclude, ma ripristina, la sospensione dei procedimenti in corso e quelli che potranno aggiungersi; se il lodo era, e sicuramente sarà, una riedizione della immunità parlamentare, il legittimo impedimento ne è il sostituto in attesa del lodo; senza questa legge, il premier e i ministri implicati in processi, dovrebbero presentarsi alle udienze qualora i giudici lo richiedessero.
La giustificazione principale adottata, sia per il lodo che per il legittimo impedimento è quella di dare la possibilità al premier e ai ministri di svolgere la propria funzione senza alcun impedimento, giusto.
Ma allora la prima riforma dovrebbe essere quella del controllo dei candidati alle elezioni: se risultano compromessi o addirittura indagati o se, durante il loro mandato, dovessero risultare implicati in azioni illegali, dovrebbero essere o esclusi dalle liste o rimossi dal loro incarico.
Il fatto che si stia facendo una legge (lodo) che permetta a simili individui di poter continuare il loro mandato, implica che la legge non è fatta per migliorare, ma per altri scopi, facilmente identificabili se si tiene conto dell'impianto delle riforme che il governo vuole attuare.
Implicazioni
Come detto nella premessa, se venisse meno il principio “la legge è uguale per tutti”, tutto l'impianto costituzionale sarebbe annullato perché è proprio questo principio che ci permette una valutazione razionale del buon andamento della democrazia.
Le implicazioni sarebbero in gran parte sociali, riguarderebbero cioè i diritti dei cittadini. Diritti che derivano dall'esperienza del regime passato (fascista) dove lo stato era il padrone della vita dei cittadini. Quell'esperienza portò i costituzionalisti di allora ad adottare norme che impedissero il ripetersi di situazioni dove un politico eletto, ma anche il governo, potesse avere la possibilità di modificare unilateralmente la costituzione e dove i poteri separati dello stato avessero funzione di controllo.
Nessuno ci può garantire la buona fede di nessuno, alla luce delle affermazioni fatte dal centro destra sulla “governabilità” del paese, è facile intuire una volontà di gestire la cosa pubblica come un organismo privato, e poco importa se fatto a fin di bene, anzi, non importa proprio.
Gia nel 2004, il governo di destra, aveva proposto una legge (è consigliabile leggere la legge (sintesi) per meglio comprendere la portata del “danno” che avrebbe arrecato alla democrazia) che modificava la costituzione in senso Federalista dando al premier più poteri e dove il senato non poteva sfiduciare il premier.
La riforma è stata abolita con il referendum confermativo del 25-26 giugno 2006.
Nella legge era chiaro il tentativo di snaturare il parlamento dando poteri decisionali al premier tra cui lo scioglimento delle camere: in un costesto simile, il premier, con il suo staff che, secondo la legge, verrebbe scelto da lui e non più eletto, avrebbe la possibilità di fare ulteriori modifiche alla costituzione, e non solo.
Il legittimo impedimento, dunque, non rappresenta, di per sé, un pericolo alla democrazia, ma fa parte di un disegno più ampio; disegno che vorrebbe la restaurazione di diversi gradi di diritto in seno alla società.
Questo porterebbe alla divisione in “classi” della stessa, dove il “dirigente” (in modo particolare quello politico, ma anche in generale) avrà più possibilità di sfuggire al giudizio qualora le sue azioni non si contrappongano alla linea del governo.
I diversi gradi di diritto porterebbero a una legislazione disuguale in termini sia di leggi sia di rapporti tra le diverse componenti sociali, avremo perciò individui e associazioni con più diritti e meno diritti.
È in questo contesto che va individuato il ruolo del legittimo impedimento, non come legge “ad personam” ma come mezzo. Certo, i primi a trarne vantaggio sono i ministri, ma non bisogna illudersi che si limitino ad essi, devono necessariamente allargare tali privilegi anche ad altri individui e categorie, che naturalmente sceglieranno tra le più fidate.
A tal proposito, è istruttivo l'esempio dei rapporti tra Berlusconi e Fini. Il secondo, non essendo in linea col primo, che rappresenta la linea maggioritaria all'interno del Pdl, e perciò non affidabile, pur essendo il cofondatore del partito, viene isolato (i mezzi dell'isolamento si possono solo intuire) al fine di spingerlo ad uscire.
Pdl e Lega, Berlusconi e Bossi, questi i due poli su cui si gioca oggi, il futuro dell'Italia. Due personaggi con un unico scopo: costruire una società con un'economia liberista ma soggetta alla politica .
L'Idv e il referendum
L'azione che sta intraprendendo l'Idv, un referendum per l'abrogazione del legittimo impedimento, anche qualora dovesse raggiungere lo scopo, non servirebbe a sconfiggere la modifica della costituzione in senso “totalitario”.
I problemi inerenti all'avanzamento della lega e la forte astensione che ha portato perdite sia nel Pd che nel Pdl alle elezioni regionali sono da ricercare, sia nella politica economica che in quella sociale. Questa politica negli ultimi decenni ha visto la perdita di potere contrattuale da parte delle forze produttive (operai e imprenditori, in modo particolare i piccoli), sia lo scollamento dalla base dei due partiti maggiori, in modo particolare il Pd (non dimentichiamo che il Pd nasce dal vecchio Pci, che, del rapporto con la base aveva basato la sua esistenza), il Pdl non si può dire che l'abbia mai avuto, che ha portato i cittadini a non identificarvisi.
Ed è questo scollamento a determinare lo spostamento della base verso un partito che, se da una parte si interessa di alcuni problemi “reali” della popolazione (giustizia, sicurezza, immigrazione, lavoro), dall'altra lo fa solo per “quantificare” la sua forza contrattuale che gli permette, in sede di riforme, di avere voce in capitolo.
Essendo però la lega un partito “locale” basato sulla difesa di interessi territoriali limitati al nord e, di conseguenza, avente una politica nazionale di divizione (federalismo) che la porta ad avere consensi solo in una parte del paese, non può da sola intraprendere la strada delle riforme.
Per questo ha bisogno di un partito di sostegno alle sue istanze “nazionali” e questo partito, attualmente, è il Pdl che, in questa fase, si trova in difficoltà sia per la perdita di consensi, sia per le divisioni interne (Fini). Difficoltà che danno ancor più forza alla lega nella misura in cui si propone come partito di “salvezza nazionale” di fronte alle difficoltà del nuovo corso mondiale (globalizzazione) in quanto difende la cultura territoriale.
La lotta “giuridica”, da sola non basta anzi, rischia di snaturare la portata degli eventi in corso.
Conclusione
Il legittimo impedimento, che normalmente viene visto come “salvagente” dell'attuale primo ministro, in realtà è un ripiegamento dopo la mancata riforma federale e il flop del lodo Alfano ( a loro volta visti erroneamente come salvagente dell'attuale primo ministro).
Le riforme tanto decantate sia dalla lega che dal Pdl sono un tentativo di instaurazione (o restaurazione) di un controllo “centrale” della società. Controllo che verrebbe mediato, appunto, dall'apparente indipendenza delle regioni.
Già in altre nazioni (vedi ex Jugoslavia) si era usato il federalismo per controllare meglio la società: ogni regione ha sì dei poteri decisionali, ma dovrà sempre dipendere (e qui fa testo la protesta dei sindaci a Milano) per i finanziamenti, dal governo centrale che, forte del suo potere derivante dalla gestione delle risorse economiche del paese, costringe le amministrazioni locali a piegarsi al suo volere. Inoltre, il governo centrale continuerà a chiedere tasse nella stessa misura di prima ma, avendo delegato alle regioni alcuni settori chiave del servizio pubblico (sanità, scuola, rifiuti, servizio idrico), metterà le stesse in condizioni di dover chiedere ulteriori tasse ai cittadini.