Intercettazioni telefoniche: una legge per migliorare la democrazia o per impedirla?
Premessa
Il 20 aprile è stato depositato in commissione giustizia al senato il nuovo testo sulle intercettazioni contenente 12 emendamenti presentati dal governo dopo il no di Palazzo Chigi alla prima stesura.
Il nuovo testo prevede inasprimenti delle pene, multe e carcere, a chi pubblica intercettazioni, e anche ulteriori limitazioni agli inquirenti nelle indagini. (per approfondimenti leggere qui)
Questo indica che gli emendamenti inseriti, invece di regolare un problema che comunque andrebbe regolato, servono a porre un limite all'azione della magistratura e, per far ciò, non ci si accontenta dei limiti posti alle indagini, ma si propone di limitare/annullare la divulgazione delle notizie attraverso la stampa.
Le notizie sono necessarie a dare all'opinione pubblica il materiale per una miglior comprensione dell'operato del governo stesso e delle istituzioni (magistratura, polizia ecc.), e limitandole si impedisce di fatto la possibilità critica al cittadino nei confronti del governo stesso e delle istituzioni.
Non voglio parlare qui della parte giuridica della legge, ma di quella parte che riguarda il rapporto tra legge e cittadini.
Stampa e diritto all'informazione
Il nuovo testo, rispetto al precedente, presenta novità che, invece di migliorare la libertà di stampa, inasprsce i limiti e le pene per i giornalisti e limita ulteriormente la possibilità di indagine da parte della magistratura.
Una legge che, invece di regolare il problema delle intercettazioni "selvagge", le impedisce attraverso un sistema di sanzioni miranti a "sconsigliare" i direttori e editori a pubblicare le notizie.
Per quanto riguarda la libertà di stampa si prevede:
“il comma 8 viene sostituito con il comma 8-bis. “Al comma 2 dell'articolo 240 del codice di procedura penale, nel secondo periodo, dopo le parole: « per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di inforrnazioni» sono aggiunte le seguenti: «e per i documenti, i supporti e gli atti relativi alle riprese e registrazioni fraudolente di cui all'articolo 616-bis del codice penale».”
La parola chiave, “fraudolenti”, può implicare che, reperire informazioni utili a scoprire eventuali azioni illegali da parte di giornalisti, sia a sua volta illegale; ciò implica che il giornalismo d'indagine avrà serie difficoltà nello svolgimento del suo lavoro.
Mentre
1.35
«All'articolo 114 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: "del loro contenuto" sono aggiunte le seguenti: ", fino a che la persona sottoposta ad indagini o il difensore non ne possano avere conoscenza, fatta salva l'ipotesi di segretazione prevista dall'articolo 329, comma 3, e salvo quanto previsto dal comma 2 del presente articolo";
il comma 2 è sostituito dal seguente:
"2. Fino a che siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare è vietata comunque la pubblicazione, anche parziale o per riassunto o nel contenuto, degli atti, dei verbali e delle registrazioni relativi all'intercettazione e di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione, di comunicazioni tra presenti, di comunicazioni informatiche o telematiche, nonché relativi ai dati di cui all'articolo 132 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, anche se inseriti in altri provvedimenti del pubblico ministero, del giudice per le indagini preliminari ovvero del giudice dell'udienza preliminare";
1.53
Sostituire il comma 7 con il seguente:
«7. All'articolo 114 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ''fino a che l'imputato o il suo difensore non ne abbiano potuto avere conoscenza e salvo quanto disposto dal comma 2'';
b) il comma 2 è sostituito dal seguente:
''2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, della documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto e anche se inseriti in altri provvedimenti del pubblico ministero o del giudice per le indagini preliminari, fino alla conclusione delle indagini preliminari''.»;
c) il comma 3 è abrogato».
Per un'informazione completa, leggere il testo pubblicato dal Senato della Repubblica
Se da un lato si può considerare positiva la regolamentazione delle intercettazioni e la loro pubblicazione durante le indagini (pubblicare materiale che potrebbe mettere sull'avviso il criminale mette in pericolo l'indagine stessa), dall'altro bisogna chiedersi perché il cittadino debba essere tenuto all'oscuro delle indagini che riguardano la criminalità. In questo modo si mette a rischio il diritto del cittadino di conoscere i fatti.
Affinché il cittadino comprenda l'applicazione delle leggi e l'operato del governo in campo giustizia, non può bastare la semplice comunicazione se non è suffragata da prove concrete, prove che andranno, di volta in volta, comunicate dalla magistratura alla stampa quando non rappresenteranno più un pericolo per l'indagine.
Impedire la pubblicazione degli atti, anche quando non sono più coperti da segreto, significa impedire la conoscenza dei fatti che hanno portato all'incriminazione dell'imputato.
In ultima analisi, tenere all'oscuro il cittadino di tutto ciò che riguarda la vita “criminale” degli imputati non può andar bene neanche se l'inputato non dovesse avere incarichi pubblici o comunque non fosse impegnato sul fronte politico perché toglie comunque la conoscenza necessaria a un giudizio personale.
Se poi l'imputato è uomo pubblico, con questa legge si toglierebbe al cittadino la possibilità di distinguere tra candidati “puliti” e candidati “implicati in attività sporche” - naturalmente, un indagato non dovrebbe neanche avere la possibilità di candidarsi – impedendo un giudizio sulla scelta da effettuare in eventuali elezioni.
Il diritto all'informazione della stampa è diritto alla conoscenza del cittadino. I due principi non possono essere separati nella misura in cui sono complementari: la stampa informa il cittadino che è l'utente naturale della stampa.
Rapporto leggi-cittadini
Da quanto detto sopra, risulta evidente che, l'applicazione della legge potrebbe limitare notevolmente la diffusione di notizie importanti.
Le aggiunte fatte rappresentano un tentativo di delegittimare il principio stesso su cui si basa la legge, ovvero, la lotta al crimine per la sicurezza del cittadino. Se la legge rappresenta il rapporto tra stato e società, ovvero la garanzia che il cittadino possa da una parte sentirsi sicuro, dall'altra avere giustizia del danno subìto, non si può escludere il cittadino dal controllo della sua applicazione, pena la fine della funzione prima della legge ovvero proteggere il cittadino.
Senza un rapporto diretto tra legge e cittadino, quest'ultimo finirebbe per non essere il fruitore finale ma l'oggetto dell'attenzione della legge stessa; sotto l'aspetto giuridico, il cittadino quindi risulterebbe il destinatario finale dell'azione repressiva della legge mentre, al contrario, deve essere il destinatario finale dell'azione protettrice della legge.
Questo è di fondamentale importanza nel mantenimento, non solo della legalità, ma anche nell'evitare di cadere nell'interpretazione errata che tutti i cittadini sono colpevoli fino a prova contraria.
Un rapporto corretto tra legge e cittadino implica necessariamente, da una parte, la possibilità degli inquirenti di avere a disposizione strumenti adatti e non mediati dalla politica, dall'altra la possibilità dei cittadini di avere le informazioni necessarie a comprendere, ma anche a controllare, l'applicazione corretta dei procedimenti che siano legali e non comportino prevaricazioni.
Gli strumenti, tra cui l'intercettazione, sono fondamentali per una corretta indagine, ma esiste anche il pericolo che questi possano essere usati per altri scopi. Evitare l'uso illegittimo di questi strumenti però non giustifica l'inserimento di leggi atte a impedire l'esercizio di controllo della società sotto le sue varie forme, anzi, è proprio la società, attraverso il suo controllo, a impedire la prevaricazione delle istituzioni.
La legge, finché opera nella società laica deve avere un senso laico e comporta due cose fondamentali: non può essere esposta a interpretazioni di parte e deve essere applicabile in ogni occasione e a tutti i livelli, ovvero, tutti possono essere indagati chiunque essi siano, cittadini “normali”, politici o rappresentanti del governo.
Conclusione
Dopo il gran parlare che s'è fatto di giustizia, uno dei punti focali delle riforme intraprese dal governo, proporre una legge che di fatto la limita è assurdo.
Il diritto all'informazione, come tutti i diritti, non è solo un principio di base ma si inserisce all'interno della vita civile come elemento essenziale per la circolazione delle idee che a sua volta è necessaria per una miglior comprensione degli eventi che definisce il grado di dibattito sociale. Senza informazione, cioè senza dati certi, non può esserci dibattito e, peggio ancora, se i dati sono mediati dalla politica, il dibattito finisce con l'essere manipolato per altri fini.