In America il 16% delle donne tra i 20 e i 50 anni soffre di questo disturbo. Qualche settimana fa si è tenuto a Roma un congresso per presentare le linee guida di riferimento per la diagnosi e la terapia della vulvodinia.

Di vulvodinia si parla poco perché è un argomento intimo e per molte donne è ancora un tabù. Si tratta di una sindrome che provoca dolore e bruciore ai genitali esterni, e chi ne è affetto vive con frustrazione la sua vita di relazione.
Purtroppo il 40% di chi ne soffre non ottiene una diagnosi perché la sindrome è poco conosciuta, visto che non presenta lesioni clinicamente visibili. Inoltre quando poi si approda ad una diagnosi, la terapia tradizionale prevede antidepressivi e anticonvulsivanti a basse dosi, validate per il dolore neuropatico ma con effetti collaterali e una volta su due inefficaci. Ben il il 50% delle pazienti non risponde ai trattamenti tradizionali.
Credits: Foto di @nastya_gepp | Pixabay Cos’è
Vulvodinia è un termine utilizzato per descrivere una sensazione dolorosa cronica che interessa la regione vulvare. Il fastidio può essere descritto come bruciore, dolore, irritazione, sensazione di “gonfiore o arrossamento”. Il dolore può essere costante o intermittente, localizzato o diffuso. La gravità del problema varia da un lieve fastidio ad un dolore molto intenso e debilitante.
Ci sono diversi problemi ginecologici che possono causare un dolore vulvare e devono essere trattati ed esclusi prima di porre diagnosi di vulvodinia. Queste condizioni possono comprendere infezioni, malattie cutanee benigne come dermatiti, lichen sclerosus, esiti di traumi e raramente lesioni pre-cancerose o tumorali. Tutte queste alterazioni sono diagnosticabili in sede di visita ginecologica, vulvoscopia o tramite opportuni esami (tampone vaginale, biopsia vulvare). Se la vulvoscopia ed eventuali esami non evidenziano alcun elemento alterato e il disturbo dura da almeno 3 mesi, si può porre diagnosi di vulvodinia
Classificazione della Vulvodinia
La Vulvodinia viene classificata in relazione a due elementi fondamentali
1) Sede dei disturbi
- Forma localizzata: Vestibolo vaginale (vestibolodinia) 80% casi (immagine regione vulvare); Clitoride (clitoridodinia); Altre sedi
- Forma generalizzata: disturbi che interessano gran parte della regione vulvare (perineo e regione anale compresi)
2) Caratteristica dei disturbi
- Provocata: i sintomi sono prevalentemente legati alla stimolazione (contatto, sfregamento, penetrazione vaginale)
- Spontanea: i sintomi sono quasi sempre presenti, indipendentemente dalla stimolazione
Credits: Foto di @orzalaga | Pixabay Linee guida per la diagnosi
Tra le novità contenute nelle nuove linee guida, c’è lo swab test, un test diagnostico, che consiste nel fare una leggera pressione in zone specifiche della vulva. Sul fronte delle terapie, stanno dando buoni risultati delle tecniche riabilitative e non farmacologiche, dette tens. Si tratta di elettrostimolazioni indolori e prive di effetti collaterali, veicolate da una sonda che penetra per 2-3 cm in vagina. I farmaci, invece, solitamente hanno lo scopo di far vivere il rapporto sessuale, senza preoccuparsi però di far provare piacere.
È fondamentale comunque un approccio doppio: medico e psicologico. Dalle casistiche, infatti, risulta che le donne con vulvodinia o disturbi simili presentano spesso tratti psicologici comuni: profili difensivi forti, fobici, o esperienze profonde particolari.