Imporre regole o deciderle insieme valutando la situazione? Educare i figli non è affatto facile, soprattutto quando iniziano le prime uscite con gli amici

Cenerentola, nella corsa per rispettare l'orario di rientro, ha perso la preziosa scarpetta di cristallo; lei doveva rientrare entro mezzanotte, ma oggi i figli adolescenti rivendicano orari di coprifuoco molto tardivi, con la scusa che le discoteche prima dell'una non aprono.
A che ora dovrebbero rientrare i figli? Dipende dall'età, delle abitudini, dall'occasione, ma soprattutto è una decisione unanime che i genitori dovrebbero prendere e non lasciare al caso.
Il coprifuoco
Il termine coprifuoco nel Medioevo indicava il divieto di tenere accesi fuochi, lanterne o lumi durante le ore notturne, per evitare il rischio di incendi. Poi questa parola è diventata l'obbligo di restare all'interno delle proprie abitazioni di notte, ad esempio in periodo di guerra. Nel parlare comune di oggi il coprifuoco indica l'ora di rientro dei ragazzi e ha mantenuto il suo significato di misura di sicurezza: di notte i pericoli sono maggiori e i giovani potrebbero cacciarsi nei guai.
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Un aspetto educativo
Nella famiglia l'orario di rientro notturno dei figli ha un significato di tutela, ma anche educativo; rispettare l'orario di rientro dato dai genitori significa abbracciare un modello familiare. Abitare sotto lo stesso tetto impone alcune regole di convivenza, la famiglia è una comunità e dovrebbe avere delle regole che ogni membro dovrebbe rispettare. Comunicare dove si va e quando si torna è una forma di correttezza e sicurezza per il nucleo familiare.
Le regole del coprifuoco
Non si inizia in adolescenza a dare le regole sull'orario di rientro, ma durante l'infanzia. Il primo coprifuoco è quello della nanna e aiuta il bambino ad immagazzinare una regola. Più avanti seguirà l'orario di rientro del sabato pomeriggio e, infine, con l'età, si passerà a dare un orario notturno.
Le regole però non vanno imposte, ma condivise, e gli orari andrebbero stabiliti insieme, tenendo conto delle esigenze del ragazzo e di quelle della famiglia.
Affinché i figli lo percepiscano come atto di fiducia e non come costrizione, la questione dell'orario di rientro deve essere affrontata con apertura e dialogo; è il concetto del consenso. La mediazione invece è una via di mezzo tra le richieste di libertà e autonomia dei ragazzi e la tendenza dei genitori a chiudere i figli in casa per proteggerli.
Libertà a piccoli passi
L'allungamento dell'orario deve essere graduale, partendo da poche ore di permesso per poi aumentare in base all'età. Durante le medie i ragazzini dovrebbero uscire solo per serate organizzate e occasionali, come festicciole di compleanno, pigiama party a casa di amici, pizza con i compagni di scuola o a casa di conoscenti: dei piccoli assaggi della futura vita sociale che non vanno negati, anche perché spesso sono presenti indirettamente anche degli adulti.
Verso i 14 anni le uscite diventano più libere e prolungate e i ragazzini scelgono luoghi di ritrovo come pub, piazze o muretti, dove ritrovarsi e stare qualche ora insieme. Inizialmente l'orario di rientro dovrebbe essere verso le 23, per poi prolungarsi fino alla mezzanotte.
Con la maggiore età, poi, i ragazzi si sentono padroni del mondo, ma è fondamentale dare ancora delle regole stabilite. I genitori hanno il diritto di sapere a che ora torna e dove va il figlio, il tutto ovviamente chiesto senza far sentire il figlio in tribunale.
Flessibilità e fiducia
Un aspetto importante è la flessibilità, perché atteggiamenti troppo rigidi favoriscono la voglia di trasgressione, stimolando comportamenti provocatori e ostili. Tuttavia l'elasticità va di pari passo con la fiducia e se i figli dimostrano di rispettare i loro doveri e impegni si può essere anche più generosi. Andrebbe poi stipulato un contratto di fiducia tra figli e genitori che comprende una serie di comportamenti corretti: comunicare sempre dove si va e con chi, tenere il cellulare acceso, e avvisare se si cambiano i programmi.