Appunto! Vorrei conoscerti meglio. E chi ti dice che io già non ti conosca… almeno un pochino? Io ti ho vista domenica scorsa. Davanti a casa tua! E poi lunedì e tanti altri giorni uscire dall’Università ed è bastato per accorgermi che mi piaci - Sorridendo e scuotendo la testa, lei si allontana, ma Livio la trattiene delicatamente per un braccio: - No, aspetta – e scrutando profondamente il suo sguardo… - Perché scappi via? Lo so che anch’io un po’ ti piaccio, mi sono accorto che, di tanto in tanto… cerchi di attirare la mia attenzione fermandoti davanti alla porta dell’officina… e questo mi lusinga molto – Forse, ma… tu non stavi lavorando? Ti sto facendo perdere tempo. Ora devo andare a studiare da una mia amica – - Non avevi molta fretta poco fa di andare a studiare! – - E’ che…c’è una giornata così bella che preferirei stare fuori… ma il dovere mi chiama – - Buona come scusa! O devi andare dal tuo amico? – - Dal mio amico?! – - Sì, quello della moto – - Ah, …no! Ma…in tal caso ….? – - Oh, niente… fai pure, sei libera! – ma il suo tono era cambiato ed era evidente che la cosa lo disturbava. Se fosse riuscito a convincerla a diventare la sua ragazza…, non avrebbe voluto nessuno intorno a lei, ma per ora non poteva avanzare pretese. Proprio in quel momento, il principale lo richiama all’ordine. Livio, ma dove ti credi d’essere? In vacanza? Qui si lavora! Senti la primavera per caso? C’è anche tanto da fare! – Senza volere, aveva indovinato: Livio sentiva proprio la primavera! Nel cuore. Nadia percorre un tratto di strada nella direzione opposta a quella che, effettivamente, voleva fare, per fargli credere che se ne stava andando, ma quando lui rientra in officina, lei torna indietro ed entra nel negozio dove ha visto l’abitino che le piace. Aveva il sospetto che, prima o poi, sarebbe uscita con quel ragazzo e voleva essere pronta per quell’occasione, voleva fargli una bella sorpresa. Non doveva affatto andare a studiare da un’amica, anzi, voleva godersi il resto del pomeriggio fantasticando sullo sconosciuto che pensava già di conoscerla, desiderava averla come ragazza e, fortunatamente, aveva il sorriso più bello del mondo. Doveva essere il suo giorno fortunato! Era ancora uno sconosciuto, ma non vedeva l’ora di approfondire la sua conoscenza. Non si era nemmeno presentato, ma le era sembrato di capire, quando il suo capo l’aveva chiamato, che si chiamava Li…Li…io? Aveva sentito solo le prime e le ultime due lettere del nome.
Domenica: Livio si sveglia più allegro e più presto del solito per essere un giorno di festa. Suo padre e sua madre ne restano un poco sorpresi: Oh Livio! Che hai stamattina per essere così arzillo? Sembri tanto felice! Perché? Per qual motivo? – gli chiede la Signora Clara con un simpaticissimo accento toscano. Secondo me – pensa ad alta voce il Signor Franco, - se lo conosco bene, Livio ha conosciuto una ragazza. O sbaglio? – chiede alzando il tono della voce per farsi sentire meglio da lui. Il figlio, che sta uscendo dal bagno per andare in cucina, si volta e risponde: - Come? Oh, non ti sbagli babbo, e oggi son felice perché la rivedrò – - Dove andrai per vederla? – - Un pomeriggio d’estate in campagna andròòò – canta scherzosamente Livio. - Ah, la conosci appena e già… - - Ma no! Vado alla Festa dell’Unità! – - Mm, ecco, così va meglio – - Cara Clara…, - continua l’Ing. Paolini rivolgendosi alla moglie, - Livio è troppo contento per aver conosciuto una ragazza qualsiasi. Non l’ho mai sentito cantare così tanto in bagno appena alzato, nemmeno la domenica mattina. Questa gli ha già stregato il cuore!- - Ovvia, non esagerare adesso Franco, sarà un amoruccio tra ragazzi! Dopo qualche mese si saranno già mollati! – - No, no, ti dico che stavolta l’è quella giusta! E’ il mio istinto che me lo dice, vedrai! – - Hai ragione, babbo, questa è speciale, è diversa da tutte quelle che conosco, lo sento. Spero solo di non sbagliarmi – - Che ti dicevo?! – dice ancora l’Ing. Paolini a sua moglie. - Vedremo, vedremo – risponde lei scettica. L’Ingegner Paolini aveva cambiato spesso residenza da quando Livio era piccolo, il suo lavoro glielo imponeva, perché le migliori occasioni per la sua carriera gli arrivavano dalle grandi città, ora l’una, ora l’altra e, giunto all’apice della sua carriera, le sue prestazioni erano molto richieste. Inoltre Bologna si era rivelata la città clou, il punto strategico per muoversi in ogni direzione senza richiedere spostamenti alla famiglia ed era stato felice di fermare il suo “vagabondaggio” proprio lì, perché aveva trovato la zona residenziale ideale, la migliore che potesse desiderare: in periferia aveva trovato la serenità per sé, per la sua famiglia e per il lavoro. Aveva trovato la gente molto ospitale dal primo momento in cui era arrivato e si sentiva molto apprezzato e stimato. Avrebbe voluto che suo figlio seguisse le sue impronte per trasmettergli, prima o poi, i frutti dei suoi successi e facilitargli il cammino, ma Livio odiava stare chiuso in una stanza a sudare sui libri e aveva preferito fermarsi dopo le scuole medie, pur essendo un ragazzo intelligente e in grado di ottenere buoni profitti se voleva. Gli piaceva dedicarsi alle auto, alle moto… la sua passione erano i motori e gli sarebbe piaciuto arrivare ad occuparsi delle auto da corsa negli autodromi, ma ne aveva di strada da fare! E poi aveva un animo sensibile e un sogno segreto che non aveva mai rivelato a nessuno, nemmeno a sua madre. I suoi genitori pensavano che la sua grande passione erano solo ed esclusivamente i motori e che lui fosse felice della vita che stava conducendo e lo avevano esaudito nei suoi desideri poiché la sua felicità era la loro, com’era naturale, del resto. Lo vedevano appagato, erano orgogliosi di essere genitori dalle idee aperte e quindi di non averlo sottoposto ad alcuna imposizione. Con l’entusiasmo di un ragazzino che va alla sua prima partita, alle 15,00 Livio è già pronto per recarsi dalla sua “bella”. Inforca la moto, mette il casco, Fa rombare il motore e parte. Gli piaceva spesso fare lo spiritoso e impennarla per strada, specialmente quando non c’era traffico, ma questa volta non lo fa, ha premura, voleva essere in anticipo sulle amiche di Nadia. Si ferma davanti a casa sua, abbassa il cavalletto e suona iL campanello. Non conosceva ancora il suo cognome, ma era una casa monofamiliare, semplice ma carina, costruita con una vita di sacrifici e curata con altrettanta dedizione fin nei più piccoli particolari. Il giardino era pieno di aiuole fiorite, di siepi e il cancello era sovrastato da un arco ricoperto di edera, come pure una parte della facciata della casa. Sembrava una villetta e Livio non poteva immaginare che quella non era una famiglia facoltosa vedendola, pensando poi alle spese dell’Università! Non sapeva nemmeno che Nadia, prima di accedervi, aveva studiato lingue privatamente. Se avesse frequentato le scuole pubbliche, non sarebbe riuscita a fare il primo anno di Ateneo a 18 anni, ma di tutto questo lei non aveva ancora avuto la possibilità di parlargliene.
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