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Leonor - pag. 36 -

Leonor - Di Diego Galdino



CAPITOLO VII

Meg scese dal taxi, pagò l'autista, prese le sue valigie e si diresse furibonda verso l'entrata della casa. Tanto era arrabbiata che nemmeno si accorse della differenza, dovuta alla nuova mano di vernice data da Giorgio e suo padre pochi giorni prima.
Entrò in giardino sbattendo il cancello di legno con rabbia, tanto da far tremare tutto lo steccato. Si avvicinò alla veranda e vide Leonor tranquillamente seduta, affrettò il passo e finalmente le fu di fronte.
"Ma che diavolo ti è saltato in mente! Ti ho aspettato per più di quaranta minuti alla stazione pensando che arrivassi a prendermi. A dire la verità, quando sono scesa dal treno ero convinta di trovarti già lì ad attendermi. Alla fine, quando ho capito che non saresti più venuta, ho addirittura telefonato qui a casa per sapere cos'era successo, ma non rispondeva nessuno e sapendo delle condizioni di papà ho pensato che avesse avuto una ricaduta, che si fosse aggravato, mi sono preoccupata da morire. Perché non hai risposto! Me lo spieghi! "
Solo allora la sua attenzione fu attirata da un particolare, che in un primo momento in preda all'ira non aveva notato. Smise di parlare. Leonor portava degli occhiali da sole, fatto inusuale per chi come lei, aveva sempre odiato metterli, e poi si rese conto che da quando era arrivata
e aveva cominciato a inveirle addosso non aveva mosso la testa di un centimetro, continuando a guardare fisso davanti a lei, verso il mare.
"Leonor, dimmi è successo qualcosa a nostro padre?"
Le rispose facendo no con la testa e tamponandosi il naso con un fazzoletto. Indossava anche degli enormi guanti di lana.
"Allora, mi vuoi spiegare che cosa ti è successo? E fammi il favore levati questi occhiali da sole. E' un anno che non vedo i tuoi bellissimi occhi verdi, sinceramente mi aspettavo un'accoglienza più calorosa da parte tua."
Detto questo glieli sfilò dal viso, ma arrivata all'altezza del naso si bloccò rimanendo immobile con le mani che tenevano gli occhiali sospesi a mezz'aria. I suoi occhi struccati e rossi per il pianto lasciarono Meg sconcertata. Finì di levarle gli occhiali e, dopo averli poggiati delicatamente per terra prese le mani di sua sorella. Si accorse così che stava tremando.
"Stai morendo dal freddo. Ma da quant'è che sei qui seduta? Rispondimi Leonor! Ti preg .parlami.
Finalmente Leonor girò la testa verso di lei e le fece un sorriso ma fu un sorriso pieno di tristezza.
"Dalle sei di stamattina. Da quando sono tornata dalla stazione."
Meg non riuscì a comprendere in pieno il senso di quella risposta, ma una cosa la lasciò perplessa, se suo padre era ormai fuori pericolo e stava bene, perché Leonor continuava ad essere così tremendamente disperata per l'inaspettata partenza di Giorgio? Un dubbio cominciò a farsi strada nella sua mente. E se ne fosse innamorata anche lei? Il puzzle cominciava a comporsi, Meg cercò di mettere ogni pezzo al posto giusto. Ma di una cosa però era sicura, sua sorella ignorava il fatto che lui ne fosse perdutamente innamorato. Così decise per il momento di non chiederle niente riguardo Giorgio, ma aveva la sensazione che la possibilità di avere un cognato meraviglioso cominciasse a farsi reale.
"Ora vieni dentro Leonor, ti preparo del the con qualcosa da mangiare, così ti riscaldi un po'. Non puoi stare a digiuno per tutto il giorno, rischieresti d'ammalarti. Dai, entra!"
Meg gli prese la mano, aiutandola ad alzarsi. Ed insieme entrarono in casa.Erano sedute in cucina, come ai vecchi tempi, nello stesso modo di allora, una accanto all'altra. E cominciarono a parlare alla solita maniera senza guardarsi.
"Scusa Meg, per non esserti venuta a prendere alla stazione, mi dispiace di averti fatto aspettare tutto quel tempo e soprattutto di averti fatto preoccupare. Sono stata una stupida ma ultimamente mi capita spesso sai?"
"Non importa. Ti ho già perdonato. Sono troppo contenta di vederti, mi sembra un sogno essere seduta qui accanto a te.. Tu e papà mi siete mancati tanto. E mi è mancato soprattutto il tuo buonissimo the inglese."
Lo disse immergendo un biscotto nel the di Leonor.
"Ti ricordi sorellona da piccola lo facevo sempre e tu ti arrabbiavi tantissimo e con un vocione mi dicevi: Meg una lady non si comporta in maniera così maleducata! Ed io con aria angelica ti rispondevo: ma io lo faccio perché ancora non sono una lady, sono una bambina piccola. E allora tu alzavi gli occhi al cielo esasperata e mi sorridevi."
Leonor le annuì con la testa ed immerse a sua volta un biscotto nella tazza di Meg.
"Mi sono stufata di essere una Lady."
"Brava! Questo è parlare."
Risero entrambe, l'atmosfera in quel momento era serena, ma presto intavolare l'argomento Giorgio sarebbe stato inevitabile. Ne erano consapevoli, così cercavano il modo di prendere tempo.
"Come sta papà?"
"Adesso bene, ma se l'è vista davvero brutta. Se non fosse stato per Giorgio."
Leonor si rese conto di aver pronunciato quel nome, quando ormai era troppo tardi. Rimase in silenzio, lasciando il discorso a metà. Meg intuendo il disagio di sua sorella cercò di aiutarla riportando il discorso su suo padre.
"Non capisco come sia potuto succedere. Lui non ha mai sofferto con il cuore."
Leonor la ringraziò mentalmente, per la sua delicatezza, ma era cosciente che non avrebbero potuto continuare così per molto tempo. Era inutile continuare a nascondere la testa sotto la sabbia.
"Penso che la maggior parte della colpa sia mia."
"La tua?"
Leonor prese fiato e soprattutto coraggio, ed iniziò a liberare il suo pesantissimo cuore.
"Sì! La sera prima ho avuto con lui un bruttissimo litigio."
Meg l'interruppe spalancando gli occhi, con un espressione incredula.
"Tu hai litigato con papà? Non ci posso credere a questo punto sono curiosa di sapere il motivo che ha causato questo primo litigio tra te e papà."
Leonor girò la sedia mettendosi di fronte a Meg, rimase per un attimo in silenzio non si sentiva pronta, ma non aveva importanza ormai. Doveva confessarle la verità.


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