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Leonor - pag. 32 -

Leonor - Di Diego Galdino



CAPITOLO VI

Bussò alla stanza numero cinque e, fu sollevato nel sentire la voce di Adam che lo invitava ad entrare. Aveva deciso di fargli una visita per vedere come stava e per salutarlo prima di partire. Lo trovò seduto sul letto, con la schiena appoggiata alla spalliera con dietro due cuscini enormi.
Quando entrò, Adam stava guardando fuori dalla finestra.
"Ciao Adam. Come stai?"
Voltò lo sguardo verso di lui, riconoscendo la sua voce.
"Ciao Giorgio, sto bene, sicuramente meglio dell'ultima volta che ci siamo visti."
La freddezza del suo comportamento, lasciava intuire che il rancore che provava nei suoi confronti, non era ancora sopito.
"Sono venuto a salutarti. Parto domani mattina, con il treno delle cinque."
Il suo viso non lasciò trasparire nessuna sorpresa, sembrava quasi che lo sapesse.
"La mia segretaria mi ha chiamato stamattina, sono sorti dei grossi problemi con l'editore, pare voglia chiudere la rivista. Così il mio capo vuole che torni a Roma immediatamente. Ho già il biglietto aereo prenotato all'aeroporto di Londra."
Era la scusa più veritiera che avesse trovato. Rimuginandoci sopra tutta la notte, non era riuscito a inventarsi niente di meglio. Fortunatamente Adam non era a conoscenza della tiratura della rivista per cui scriveva, altrimenti si sarebbe fatto una bella risata.
Migliaia di copie vendute in Italia, esportata anche all'estero, con uno dei siti internet più visitati del settore. E come se questo non bastasse il suo proprietario era un noto multimiliardario.
Adam però lo guardò lo stesso con aria perplessa, evidentemente non era stato tanto convincente.
"C'è il rischio che tu rimanga disoccupato?"
Disse quella frase con un espressione quasi di compiacimento.
"Non penso. Che tu ci creda o no, ho parecchi estimatori in Italia pronti ad accogliermi a braccia aperte."
"Sai mi preoccupo solo per il futuro di mia figlia, visto che potrebbe diventare la signora Nari."
Un sorriso ironico si disegnò sul suo volto. Non c'èra più nessun dubbio, l'attacco cardiaco era già diventato per Adam solamente un ricordo.
"A proposito, hai avvertito Meg del cambiamento di programma. E' incredibile, sembra che questa vacanza insieme per voi non debba iniziare mai. Continuate a rincorrervi da una parte all'altra dell'Europa, senza trovarvi."
"Sì le ho telefonato subito dopo aver parlato con la mia segretaria."
Come fosse difficile mentire lo stava scoprendo solo adesso. Era stremato, gli sembrava di essere sotto interrogatorio. Parlava, parlava, parlava. Una volta gli era capitato di leggere un discorso di Talleyrand, il noto statista Francese, egli affermava che 'le parole servono agli uomini, solo per nascondere i pensieri '. Era pienamente d'accordo con lui. Improvvisamente Adam, lo incalzò con una domanda alla quale sarebbe stato molto difficile mentire. Lui lo sapeva.
"E Leonor? Lo sa Leonor che domani te ne andrai?"
Giorgio cercò di mantenersi impassibile, come se quel problema non lo sfiorasse nemmeno.
"Ancora no. Pensavo di dirglielo stasera."
"Gli dispiacerà molto."
"Anche a me dispiace lasciarla."
E non puoi sapere quanto pensò. Adam strinse con forza il lenzuolo. Un lampo d'ira attraversò i suoi occhi. Divenne caustico. Il pensiero di quanto avrebbe sofferto Leonor, lo fece straparlare. Ma lui non poteva sapere che Giorgio andandosene cercava solo di proteggerla. Non poteva sapere che Giorgio andandosene, ignorasse che Leonor era perdutamente innamorata di lui.
Colpì duro, sotto la cintura.
"Comunque non devi preoccuparti per lei, tanto la rivedrai al matrimonio. Farà da damigella a Meg!"
In quel momento la rabbia avrebbe potuto prendere il sopravvento. Ma si era stancato di giocare a guardie e ladri, così decise di mettere fine a quella conversazione.
"E sappiamo entrambi che quel giorno, il giorno del matrimonio lei sarà bellissima."
Adam gli sorrise.
"Bellissima certo."
Si avvicinò al letto e gli porse la mano.
"Ciao Adam, è stato un vero piacere conoscerti. Spero che un giorno ci rivedremo."
Adam gliela strinse, poi inaspettatamente, lo tirò a sé abbracciandolo in modo molto affettuoso.
"Ciao figliolo, sappi che ho sempre sognato di avere un genero come te Stammi bene e buon viaggio."
Giorgio si staccò da lui visibilmente commosso, non se l'aspettava.
"Bene, allora ciao."
Aprì la porta per uscire.
"Giorgio!"
"Che c'è?"
"Grazie per avermi salvato la vita."
Voltandosi con la mano sulla maniglia della porta, gli fece l'occhiolino.
"Come avrei potuto non farlo. Lo sai che quel giorno voglio che tu l'accompagni all'altare."

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