Leonor - Di Diego Galdino
CAPITOLO IV
Giorgio l'aspettava seduto sui
gradini della veranda. Vide arrivare la macchina, quindi si alzò
per andarle incontro. Leonor aprì lo sportello, lui si
avvicinò.
"Pensavo che mi avresti dato buca."
"A dire la verità ci avevo pensato, poi mi sono detta:
per un tramonto a Land's End, vale la pena di sopportare la sua
compagnia."
"Ti ringrazio. Sono contento, la tua stima nei miei confronti,
aumenta ogni giorno di più."
Leonor sorrise, seduta in macchina con le mani sul volante, approfittò
che Giorgio fosse appoggiato allo sportello aperto per azionare
i tergicristalli e, schizzandolo così, con l'acqua che
serviva per pulire il vetro.
"Guarda non ti conviene. Sono stato 'Mr. maglietta bagnata'
per due anni di seguito."
"Lo so. E' per quello che ti ho bagnato."
"A proposito Leonor, vuoi cambiarti, prima di andare? Metterti
le scarpe da ginnastica, un vestito più comodo."
"No grazie, preferisco restare così. Anche perché
le scarpe e la tuta le indosso per l'alba. Per il tramonto, serve
un vestito da sera e i tacchi alti, non credi?."
"Ok signorina Francis, allora si va. Mi lasci guidare?"
Leonor si spostò, lasciandogli il posto di guida.
"Prego autista, le dispiace se mi metto dietro?"
"Non credo le convenga, 'signora', il frigobar della macchina
si è rotto ieri"
"Che peccato, una vera disdetta, avevo proprio voglia di
un martini ghiacciato. Lo faccia riparare il prima possibile.
Siamo intesi? Autista?"
Leonor disse il tutto con una buffa espressione di rimprovero.
Giorgio la fissò in silenzio per qualche secondo poi, sfoderò
uno dei suoi sorrisi accennati.
"Quando fai questa faccia sei bellissima."
Lei lo guardò seria e, nella sua mente apparve una scritta:
'let it be'.
Lascia che sia.
"Grazie."
Passeggiando per i sentieri impervi di quelle scogliere, Giorgio
capì cosa intendeva Leonor quando affermava che bastava
poco per alterare la bellezza di quei posti. Notò immediatamente
come tutto ora fosse diverso. Il silenzio, prima cosa, che dava
la possibilità al vento di dialogare con l'oceano. I profumi,
che liberi di ogni impedimento, aromatizzavano l'aria, miscelandosi
con i loro respiri. Ed infine migliaia di colori, che ora si assurgevano
a protagonisti, di quel paesaggio talmente bello da sembrare irreale.
Il sole intanto, giocando con la luna, iniziò a nascondersi
dietro l'orizzonte. La luce a poco a poco diventò di un
rosso soffuso ed ogni cosa lì intorno, sembrava essere
illuminata dalla fiamma di una piccola candela.
Creando un perfetto chiaroscuro, degno del miglior Latour.
"Credo che non mi pentirò nemmeno stavolta, di essere
venuto qui con te"
Leonor camminava al suo fianco. Oramai non aveva più paura
di amarlo, ed ogni qual volta poteva, cercava l'iride dei suoi
occhi per vedersi finalmente felice. Ma un senso di colpa, schiaffeggiando
la sua volontà, la costrinse a dire una cosa della quale
si sarebbe pentita amaramente.
"Finchè non ci verrai anche con Meg, credo che sarà
difficile saperlo. Non hai la controprova per affermare di non
esserti pentito. Magari passeggiandoci con la persona che ami,
questo posto ti sembrerà ancora più meraviglioso."
"Può darsi che tu abbia ragione, ma lo potrò
sapere con certezza solo tra cinque giorni. Quando, Meg, sarà
finalmente con noi. A proposito, in queste
ultime sere che ci parlo al telefono chiede in continuazione della
sua sorella preferita. Evidentemente sentire sempre e solo me
inizia ad annoiarla. Credo senta la tua mancanza. Comunque non
preoccuparti, le ho già spiegato che ultimamente sei costretta
a rimanere in biblioteca fino a tardi, ma che la pensi sempre."
Un velo di tristezza scese sul cuore di Leonor. Era inevitabile,
Meg non poteva essere dimenticata. Scosse la testa, come a volersi
liberare di quel senso di colpa, che sotto forma di angioletto
immaginò apparirle sulla spalla.
"Ma come? Tua sorella si fida di te e tu le rubi il fidanzato!"
Leonor, iniziò un colloquio mentale con la sua coscienza.
"Io.è vero mi sono innamorata di lui, ma non sto facendo
niente per portarglielo via. Voglio solo rimanergli vicino questi
pochi, ultimi giorni. Parlandoci, non faccio del male a nessuno.
"Non è così Leonor. Fai del male ad una persona
meravigliosa che non lo merita. A te stessa."
Si guardò la spalla, ma l'angioletto era scomparso. Era
stato solo frutto della sua fantasia. Improvvisamente sentì
uno sbattere d'ali in lontananza. Un gabbiano, solo un bianco
gabbiano, che volava sopra di lei quasi a voler essere un messaggio,
un invito:
"Librati nell'aria Leonor.vola."
Giorgio lesse sul viso di Leonor un senso di profondo turbamento.
Così rimase in silenzio, per qualche minuto, per non disturbare
con inutili parole, quel suo pensieroso isolamento. Da qualche
giorno infatti aveva notato in Leonor un grande cambiamento. Un
modo di fare diverso. Ebbe paura di aver fatto qualcosa di sbagliato
senza rendersene conto e di aver pregiudicato quel bel rapporto
istaurato tra di loro.
"Ti vedo preoccupata, cosa c'è che non và?"
Leonor,gli fece un sorriso sincero, fugando tutte le sue paure.
"Scusami, stavo pensando a quanto fosse sprecato tutto questo
silenzio, questa pace, se non hai niente da dire."
Giorgio dubbioso per quella sua risposta un po' strana, la guardò
perplesso.
"Non capisco. Cosa vuoi dire?"
"Adesso ti faccio vedere cosa intendo, aspettami qui."