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Leonor - pag. 12 -

Leonor - Di Diego Galdino

CAPITOLO III



Appena entrarono nel ristorante, il brusio di voci cessò di colpo. Vedere Adam in quel posto lasciò tutti sorpresi, a cominciare dal proprietario, un vecchio amico di famiglia, che appena li vide, gli andò incontro salutandoli calorosamente.
"Che mi prenda un accidenti! Non credo ai miei occhi. Adam! Adam Francis! Quanto tempo è passato."
Non si aspettavano un' accoglienza così, ed erano in un evidente imbarazzo. Certo, avrebbero dovuto aspettarselo, visto che da quando Sue era morta, non avevano più messo piede in quel locale. Troppi ricordi. Ogni particolare, ogni gesto, tutto in quel posto riportava nella mente di Adam i momenti felici passati insieme alla sua amatissima moglie. Era lì che l'aveva portata al primo appuntamento. Lì le aveva chiesto di sposarlo. Lì Sue gli aveva annunciato di essere incinta di Leonor. E sempre in quel ristorante lei gli disse, un giorno di quindici anni fa, di essere...gravemente malata.
Emozioni importanti, di una vita che lui mai avrebbe potuto e voluto immaginare senza di lei.
"E' vero Tom, troppo tempo è passato.troppo. Ma stasera dovevo festeggiare un avvenimento importante. Poi sono qui, con il mio probabile futuro genero. Ti posso presentare Giorgio Nari, il fidanzato di mia figlia."
Disse il tutto con una punta di orgoglio. Giorgio strinse la mano a Tom il quale, dopo le presentazioni di rito, li accompagnò con evidente soddisfazione al loro tavolo. Il migliore del ristorante. L'atmosfera, piena di serenità, sembrava essere il preludio ad una bellissima serata.
I camerieri cominciarono a servire la cena e, tra una pietanza e l'altra, la conversazione scorreva amabilmente, fino a quando Adam versò del vino nel bicchiere di Giorgio.
"Vediamo un po' se da ubriaco riesco a farti dire qualcosa di piccante sulla tua relazione con mia figlia. Prima di tutto voglio sapere come vi siete conosciuti, dopodichè mi dirai il modo in cui sei riuscito a conquistarla : i posti, le tecniche di abbordaggio, le frasi che hai usato per
corteggiarla, insomma tutto, parola per parola. Allora? Forza dai, comincia! Sono tutto orecchi."
Quella domanda per poco non gli mandò di traverso il vino che stava bevendo. Vicino ad un inizio di soffocamento, Giorgio posò il bicchiere sul tavolo, fece qualche colpo di tosse per riuscire a riprendersi e lanciò un'occhiata d'aiuto a Leonor, seduta di fronte a lui.
"Papà, non ti sembra di essere un tantino sfacciato? Stai mettendo Giorgio in grande imbarazzo."
Come risposta, Adam, fece spallucce.
"Non darle retta, dai comincia!"
Giorgio capì l'inutilità di resistere alle pressioni di Adam. Così si schiarì la gola, posò il tovagliolo sul tavolo e poggiandosi con la schiena sulla sedia, per stare più comodo, iniziò a raccontare.
"Ero agli Uffizi di Firenze per la presentazione di una mostra su Benvenuto Cellini, quando all'improvviso, vagando per le sale, la vidi. Era di fronte ad un quadro del Caravaggio, rapita da quel gioco di luci ed ombre, inconfondibile caratteristica delle opere del grande pittore toscano.
Non ebbi nessuna esitazione e, dopo essermi fatto dare da un inserviente la guida del museo, mi avvicinai a lei, battendogli con un dito sulla spalla.
"Mi scusi signorina?"
Prima di continuare, però, devo fare una premessa. Io non sono mai stato così sfacciatamente ardito. Tutt'altro, mi hanno sempre accusato di essere fin troppo timido con le donne, ma Meg mi aveva folgorato. Non me ne sarei andato da quel museo, senza prima aver saputo il suo nome. Quando si voltò, sommergendomi con i suoi occhioni azzurri vacillai. Era bellissima, pensai
di non riuscire più ad andare avanti, ma quando mi domandò, in inglese, di che cosa avessi bisogno, ripresi conoscenza. Cercai allora di sembrare il più naturale possibile, aprii così il catalogo, andai alla pagina dell'indice e sorriso migliore:
"Mi potrebbe aiutare? Non riesco a trovare, su questo catalogo, la pagina che la riguarda. Vorrei tanto sapere chi è l'autore di un'opera d'arte così meravigliosa."
Meg mi fissò con aria scrutatrice. Aspettavo con ansia la sua reazione. Lei, rimanendo impassibile, mi prese il catalogo dalle mani e dopo averlo richiuso mi disse:
"Su questo non ci sono. Faccio parte di una collezione privata, se vuole può prenotare una visita guidata, a questo numero di telefono".
Detto ciò, mise nella mia mano un biglietto da visita e se ne andò, lasciandomi inebetito in
mezzo alla sala".
Adam diede un buffetto sulla spalla di Giorgio, con l'aria di chi la sapeva lunga.
"Qualcosa mi dice che hai prenotato una visita."
Giorgio fece un profondo respiro, incrociando le braccia.
"A dire la verità non fu così facile. Ovviamente, appena tornato in albergo, la prima cosa che feci fu comporre il numero di telefono scritto sul biglietto. Con mio grande disappunto rispose un uomo ed io, sentendo quella voce maschile, fui quasi tentato di riattaccare immediatamente. Ma la voglia di sapere chi era quella splendida ragazza ebbe il sopravvento. Trovai così
il coraggio e chiesi di poter parlare con Meg."
"Lei è un giornalista?"
Dire che quella domanda mi colse di sorpresa è poco. Come faceva quell'uomo a sapere che ero un giornalista? Decisi di stare al gioco.
"Sì, sono Giorgio Nari, vice direttore della rivista ArteMide ed io con chi ho il piacere di parlare?"
"Buon giorno signor Nari, sono Richard Rain, l'agente della signorina Francis. Se ha chiamato per la personale di stasera a Palazzo Pitti, saremo lusingati di averla con noi. Troverà il suo invito all'entrata, me ne occuperò io stesso, non si preoccupi. Farò anche in modo di ritagliare dieci
minuti per poter intervistare la signorina Francis, senza che nessuno vi disturbi".
Ero in un completo stato confusionale. L'unico modo per capirci qualcosa sarebbe stato presentarsi quella sera, a Palazzo Pitti.
"La ringrazio molto per la sua disponibilità, signor Rain. Allora la saluto, ci vedremo stasera, porti i miei omaggi alla signorina Francis."
"Lo farò senz'altro, a stasera."

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