Leonor - Di Diego Galdino
PROLOGO
Nella mia vita precedente, forse sono stato un gabbiano.No! Sicuramente
sono stato un gabbiano. Come faccio a saperlo? E' semplice, perché adesso
che sono un essere umano, spesso sento il bisogno di volare via.
CAPITOLO I
La pioggia continuava a cadere incessantemente
e ormai cominciavo a farmene una ragione: quella mattina avrei dovuto
rinunciare alla mia passeggiata. Da qualche anno era diventata una
piacevole abitudine. Come la temperatura si faceva più mite,
annunciando l'estate, prendevo ad alzarmi prestissimo, mi mettevo
la vecchia tuta da jogging di quando andavo all'università
di
Plymouth e uscivo di casa con la mia bicicletta rossa, dirigendomi
a grandi pedalate verso le scogliere di Land's End. Ogni mattina
si compiva questo rito. Adoravo sentire la brezza accarezzarmi il
viso, godevo nel respirare a pieni polmoni mentre la bici prendeva
velocità: sentivo la staticità del tempo interrotta
dal mio passaggio, con il sibilo delle ruote così acuto in
quel silenzio quasi irreale. Poi, come d' incanto, appariva l'oceano
e più mi avvicinavo e più il rumore delle onde diventava
intenso. Mi ci avvolgevo, dentro quel fragore, e ogni giorno era
come rinascere, riscoprendo scoprire nuove e antiche emozioni, in
un paesaggio da favola fatto di streghe, maghi, cavalieri e bellissime
principesse.
Dopo aver lasciato la bicicletta in un posto sicuro, mi incamminavo
su per le scogliere e, seguendo il sentiero, iniziavo il mio viaggio
verso sensazioni indescrivibili. Le onde impetuose schiaffeggiavano
quell'immenso muro naturale ininterrottamente. Il vento faceva arrivare
gli spruzzi d'acqua fino in cima e un'infinità di piccolissime
gocce danzavano davanti ai miei occhi, quasi avessero vita.
Qualche volta, mi piaceva togliermi le scarpe e andare a piedi nudi
sull'erba soffice e inumidita dalla fresca rugiada del mattino.
Poi, prima di ritornare indietro, amavo starmene seduta per un po'
di tempo a fissare l'Oceano. In quei brevi momenti pensavo a mia
madre. Erano già passati
quindici anni da quando era morta. La sua scomparsa mi aveva lasciato
dentro un segno profondo: eravamo molto unite e perderla così
all'improvviso fu per me un colpo tremendo.
Quando ero una bambina dai mille perché, era solita dirmi:
"Vedi Leonor tu sei stata molto fortunata a nascere a
Penzance perché è un posto magico dove le persone
hanno la possibilità di vedere l'arcobaleno tutti i giorni
della loro vita.
I suoi colori faranno in modo che tu sia sempre serena, che ci sia
il sole o che piova. Qui sarai sempre felice."
Solo adesso, guardandomi intorno, riesco a rendermi conto di quanto
mia madre avesse ragione; l'oceano alle prime luci del mattino,
gli innumerevoli fiori che sbocciano sulle scogliere sbirciando,
con fare curioso, la lucida sabbia rosa della spiaggia di Sennen.
Questi colori insieme creano un posto unico. il mio arcobaleno.
La mia casa.
Non mi pentirò mai della scelta che ho fatto, finché
avrò nelle mie mani questa tavolozza colorata di emozioni.
"E' inutile che continui a guardare fuori, oggi il tuo pescatore
ti aspetterà invano"
"Il mio cosa?"
"Dai Leonor , ormai lo sa tutta Penzance che ogni mattina vai
a Land's End per incontrarti con un bellissimo pescatore e fate
l'amore sdraiati tra i fiori e l'erba delle bianche dune della Cornovaglia."
"Papà, come ti permetti d'insinuare una cosa del genere?
Ma davvero la gente pensa questo di tua figlia ?" Il viso di
Adam Francis s'intristì per un momento.
"No, stavo
scherzando, ma a me non dispiacerebbe se fosse tutto vero."
Capì cosa intendeva suo padre. Dietro quelle parole, dietro
quel gioco amaro, si nascondeva tutto il rimorso di Adam, per non
aver impedito che Leonor rinunciasse ai suoi sogni e ad una brillante
carriera proprio per rimanergli vicino. E lui, in fondo, tutto questo
non sè lo era mai perdonato.
"Papà, lo sai
che io amo un uomo soltanto ed è qui in questa stanza "
Il sorriso di Adam fece capire che le ostilità erano finite.
"Perfetto figliola, dopo che avrai fatto uscire quell'uomo
di cui parli da dentro la mia credenza, puoi cominciare a preparare
la colazione."
Dopo aver mangiato ed essersi vestita, Leonor era pronta per un'altra
giornata di lavoro. Prese le chiavi della macchina e si diede un'ultima
occhiata allo specchio. Forse aveva ragione suo padre, doveva cercarsi
un pescatore, prima che i suoi bellissimi capelli castani cominciassero
a
tingersi di bianco. In fin dei conti, i corteggiatori non le erano
mai mancati; innumerevoli
mazzi di fiori erano stati recapitati in biblioteca per la bella
direttrice Leonor Francis, ma lei, in questo caso, compiva quasi
meccanicamente un altro rito. Li depositava nel solito vaso sopra
la sua scrivania, buttava il biglietto nel solito cestino, e completava
le operazioni con una cortese
telefonata di ringraziamento, usando la solita scusa di dover lavorare
fino a tardi per declinare ogni eventuale e successivo invito. Cercava
qualcosa di più di una semplice avventura, Leonor. Voleva
un uomo speciale. Nel lavoro si era dovuta accontentare di dirigere
la biblioteca di una piccola città di provincia, perché
quello era il meglio che si poteva avere a Penzance, ma in amore
non avrebbe rinunciato alla sua borsa di studio. Se necessario sarebbe
stata ad aspettarlo fino alla fine dei suoi giorni, ma questa volta
voleva il meglio, se lo era meritato. Certo, come diceva suo padre,
il sesso era importante, ma per lei non era fondamentale. Leonor
desiderava degli occhi limpidi in cui specchiarsi; vedere se stessa
finalmente felice.
Stava per chiudere la porta, quando sentì suo padre che
la chiamava dal bagno.
"Che cosa vuoi papà? Così mi farai arrivare
tardi al lavoro".
Adam si presentò con indosso un accappatoio di un colore
assurdo.
"Scusa, cara , è che mi sono scordato a che ora deve
arrivare tua sorella."
Leonor non si lasciò sfuggire l'occasione per burlarsi
di suo padre.
"Allora dovrò dire al mio bel pescatore di darmi più
pesce. Hai bisogno di fosforo, la vecchiaia comincia a fare brutti
scherzi alla tua memoria. Comunque, Meg arriverà da Parigi
all'aeroporto di Londra nel primo pomeriggio e da lì prenderà
il treno per arrivare a Penzance, se non ci saranno dei ritardi,
a notte inoltrata".
Un sorriso radioso illuminò il viso di Adam. Stava per
dire qualcosa, quando Leonor lo interruppe
"E il suo fidanzato arriverà domani mattina, è
questo che stavi per dirmi non è vero? Non stai più
nella pelle al pensiero che finalmente lo conoscerai. Spero tanto
che non rimarremo delusi."
"Cosa vuoi che ti dica cara: sono curioso di vedere chi è
riuscito a mettere la museruola a quella indiavolata di tua sorella."
"A sentire Meg è un uomo meraviglioso, L'ultima volta
che mi ha chiamato, parlava già di matrimonio. Sicuramente
è molto innamorata e anche lui deve esserlo, se è
riuscito a sopportarla per più di un anno."
Una parca risata di Adam accompagnò Leonor fino allo sportello
della macchina.
Lungo il tragitto da casa alla biblioteca, non poté fare
a meno di pensare a Meg. Le aveva fatto da mamma, era diventata
la sua migliore amica, aveva incoraggiato il suo talento e adesso
che, appena venticinquenne, era considerata uno dei più
grandi talenti della pittura contemporanea europea, sapeva che
il suo compito era terminato.
Quando leggeva sui giornali articoli riguardanti Meg, capiva quanto
era stato importante rimanere a Penzance. Vedere quella biondina,
con i suoi occhioni azzurri, fare bella mostra di sé davanti
a un suo quadro sulle pagine delle riviste d'arte più importanti,
le riportava alla mente la
bambina che s'infilava nel suo letto per paura dei lampi, durante
i temporali: Al ricordo dei suoi abbracci intirizziti, gli occhi
si velarono di lacrime.